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Ovunque finisca per essere collocata l’Ema, per le aziende di Big Pharma lo spauracchio Brexit si declina oggi in due priorità fondamentali: la necessità di garantire un trattamento speciale ai medicinali durante i negoziati che tracceranno il percorso della fuoriuscita britannica dall’Ue e quella di prevedere - non si sa come - un periodo di transizione più lungo, per evitare effetti negativi sulla salute pubblica in tutta Europa.

E’ su queste due esigenze impellenti che si concentra la prima azione concreta della coalizione (Brexit Task Force) che vede riunite le otto principali associazioni dei produttori farmaceutici europei e britannici, che in una lettera datata 13 luglio hanno messo nero su bianco il proprio appello in una lettera indirizzata a Michel Barnier, il principale negoziatore della Commissione Ue e David Davis, segretario di Stato inglese per l'uscita dall'Unione europea.

A farsi portavoce delle aree di interesse comune nel processo Brexit sono Hubertus Cranz, DG dell’AESGP (associazione europea delle aziende dell’automedicazione); Nathalie Moll, Dg dell’EFPIA (l’associazione delle farmaceutiche europee); il segretario generale di EuropaBio (industria biotecnologica europea), John Brennan; il DG di Medicines for Europe (equivalenti e biosimilari), Adrian van den Hooven  e i loro rispettivi corrispondenti britannici: Mike Thompson per l’ABPI, Warwick Smith per la BGMA (generici), Steve Bates poer la BIA (biotech) e John Smith  per la PAGB, che rappresenta l'industria OTC nel Regno Unito.

Il messaggio riprende il dialogo a distanza dopo la lettera pubblicata all’inizio del mese sul Financial Times con cui il segretario di Stato britannico per la salute, Jeremy Hunt, e il segretario di Stato per gli Affari, Greg Clark, hanno  cercato di rassicurare l’industria farmaceutica sul fatto che i problemi con la Brexit saranno ridotti al minimo, individuando tre obiettivi  aurei: “i pazienti non dovranno essere svantaggiati; le aziende che innovano dovranno poter immettere i loro prodotti sul mercato il più rapidamente e semplicemente possibile; il Regno Unito dovrà continuare a svolgere un ruolo chiave nella salute pubblica”.

Un "gancio" che gli otto firmatari non esitano a sfruttare: “La nostra industria è altamente integrata in tutta Europa e regolata dal diritto comunitario attraverso un sofisticato sistema di regolamenti giuridici e normativi condivisi tra le istituzioni dell’UE, gli Stati membri e le autorità nazionali competenti – scrivono. - La lettera di Clark e Hunt rappresenta un'occasione per garantire la cooperazione sul regolatorio farmaceutico nell'ambito dei negoziati sulla Brexit. Vorremmo esplorare questa possibilità di mantenere stretti legami tra l'UE e il Regno Unito e avviare immediatamente il confronto, perché è importante avere il maggior numero possibile di certezze possibile, il più presto possibile, per consentire all'industria farmaceutica e delle Life Sciences di passare senza problemi al nuovo assetto, garantendo così che non vi siano problemi d’accesso ai farmaci per i pazienti”.

Secondo le imprese, una transizione ordinata ad dopo Brexit sarà cruciale per continuare a garantire la fornitura di medicinali nel Regno Unito e nell’UE:  "Nel caso di un ritiro irregolare c’è il rischio che tutte le merci da trasferire tra il Regno Unito e l’UE possano essere bloccate dai controlli alle frontiere o essere soggette a forti richieste di riesame - sottolinea la lettera - e ciò comporterebbe una grave perturbazione delle catene di approvvigionamento della maggior parte delle imprese, con a potenziali interruzioni di approvvigionamento di medicinali salvavita".  In quest’ottica risulterebbe cruciale “mantenere le AIC precedentemente concesse sia nel Regno Unito che nell'UE, garantire la continua cooperazione tra le autorità nazionali competenti e gli organismi europei e non pregiudicare la ricerca, lo sviluppo, la produzione e la fornitura di medicinali in tutta Europa, anche per studi clinici”.

Sotto la lente anche i rischi legati alla perdita delle competenze dell’Agenzia regolatoria britannica MHRA che attualmente contribuisce i modo significativo alle attività comunitarie sul fronte della sorveglianza e la supervisione della sicurezza dei prodotti.

Alla luce di tante criticità, la richiesta per i negoziatori è di “poter disporre di un periodo di attuazione che rifletta adeguatamente il tempo necessario per le aziende farmaceutiche e biotecnologiche di passare ad un nuovo assetto”.  “Questo -  concludono gli otto vertici del pharma comunitario e britannico - lascerebbe alle aziende di disporre del tempo necessario tempi necessari per evitare qualsiasi conseguenza indesiderata sulla disponibilità dei medicinali”.