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Non guardare all’utilizzo dei biosimilari come unica fonte di risparmio economico, ma creare invece un percorso condiviso per trovare insieme le migliori strategie che garantiscano ai cittadini l’appropriatezza terapeutica, al clinico la libertà prescrittiva e agli enti pubblici la sostenibilità economica. È questa l’indicazione che arriva dal XXII Congresso Nazionale del Collegio Reumatologi Italiani (CReI), svoltosi nei giorni scorsi a Roma, nel corso del quale è stato presentato il Position Paper 2.0 del CREI sui bosimilari.

«Nel 2016 avevamo già pubblicato un nostro Position Paper  su questi prodotti e sul loro utilizzo, sottolineando che  una condotta appropriata può consentire ai pazienti l’accesso alle cure salvaguardando l’eguale diritto di tutti i cittadini ed evitando i danni disabilitanti delle patologie grazie a una terapia adeguata e soprattutto precoce - ha spiegato Gilda Sandri, Vicepresidente del CReI e reumatologa presso la Struttura Complessa di Reumatologia del Policlinico di Modena. - Il nuovo documento rafforza questi concetti ed è in linea con la pubblicazione del  Position Paper dell’AIFA sull’uso dei biosimilari, che sostiene che sono intercambiabili sia per i pazienti naive sia per quelli già in cura con gli originator».

L’impatto delle malattie reumatiche, che colpiscono più di 5milioni di italiani, e i costi sociali ed economici correlati di tali terapie sono altissimi, assorbendo lo 0,2% del Pil - è stato ricordato nel corso dei lavori -  e l’alternativa tra farmaci biologici e biosimilari investe il tema della sostenibilità dei servizi sanitari nazionale e regionali. Sì dunque all’introduzione dei biosimilari, da favorire il più possibile individuato un percorso che concili la libertà prescrittiva, la necessità di risparmio economico e l’informazione da dare ai pazienti.

«Tutte le terapie  vanno condivise con il paziente - ha affermato ancora la Sandri . -  Se il clinico gli propone uno switch è perché i dati dimostrano che lo si può fare, ma ai pazienti va spiegato per bene cosa vuole dire biosimilare, non deve passare il messaggio che si tratti di farmaco meno efficace».      

Ma nella ricetta del CReI un ruolo di primo piano spetta anche alle buone pratiche destinate a realizzare la migliore appropriatezza prescrittiva e organizzativa: «Ogni  Centro prescrittore dovrebbe garantire l’istituzione del registro paziente, magari mediante un software dedicato, producendo una reportistica periodica sui pazienti trattati e sui farmaci utilizzati; fare rete con le ASL e le Aziende Ospedaliere; avere un aggiornamento continuo da parte delle Società scientifiche del settore, al di fuori di contesti promossi dalle singole aziende farmaceutiche. Introdurre un budget di spesa diretta e indiretta per i centri prescrittori al fine di responsabilizzarli al contenimento di queste -  ha concluso la vicepresidente del Collegio dei Reumatologi. -  Mentre il responsabile del Centro prescrittore dovrebbe  verificare l’appropriatezza prescrittiva dei propri collaboratori e  sovraintendere al loro aggiornamento professionale annuale, formandoli agli aspetti scientifici ma anche alle ricadute socio-economiche della propria prescrizione».

Sulla stessa lunghezza d’onda l’articolo “Biosimilars: New guns for the treatment of rheumatologic patients?”, a firma di Daniela Marotto,  Angela Ceribelli e Piercarlo Sarzi Puttini pubblicato nel primo numero di Beyond Rheumatology, la nuova rivista scientifica presentata dal CReI a metà aprile, che fa dei dati della real life e del concetto di multidisciplinarietà il proprio punto di forza e punta a colmare un vuoto nelle pubblicazioni scientifiche di settore, grazie alle firme di nomi illustri della reumatologia e di altre branche mediche che si occupano, negli ambulatori e negli ospedali del territorio, della cura dei più dei 5milioni di malati reumatici in Italia. 

«I dati scientifici attualmente disponibili  indicano che un solo passaggio da originatore e biosimilare è sicuro ed efficace, anche se è necessario tener conto prima di tutto della sicurezza e dell'opinione del paziente - scrivono. - Tuttavia, non ci sono ragioni scientifiche per attendersi che il passaggio tra biosimilari dello stesso originatore possa comportare risultati clinici diversi. I dati esistenti suggeriscono che il trattamento di un paziente con un biosimilare approvato sia paragonabile a quello di un paziente trattato con l'originatore».