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«Dall’analisi quantitativa e qualitativa delle reazioni avverse segnalate e inserite nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza, non si evidenziano specifici problemi di sicurezza nell’uso dei biosimilari». A affermarlo senza tentennamenti è l’AIFA che nella serata di venerdì 12 luglio ha pubblicato sul proprio sito un documento intitolato “Medicinali Biosimilari. Analisi di sicurezza” con cui la stessa AIFA spiega di voler «aiutare cittadini e operatori sanitari nell’utilizzo di tali medicinali, migliorando la comprensione sull’efficacia terapeutica e sulla possibilità di switch tra terapie con farmaci biologici, in modo da non perdere le opportunità che possono derivare dal loro impiego».

Nelle 78 pagine del documento si analizzano tutti i principali principi attivi biosimilari presenti sul mercato (adalimumab, etanercept, infliximab, rituximab, filgrastrim, epoietina alfa, follitropina, insulina glargine, somatropina, enoxaparina sodica) con un focus sui dati di farmacovigilanza condivisi a livello europeo e sulle evidenze scientifiche disponibili nella letteratura internazionale, che confermano l'efficacia e la sicurezza dei relativi prodotti. Presente anche una revisione della letteratura scientifica sullo switch dall’originatore al corrispondente biosimilare.

«Complessivamente, dall’analisi di sicurezza condotta per questa classe di medicinali, non risultano differenze significative tra originatori e biosimilari dovute, nello specifico, a mancanza di efficacia o allo switch tra un medicinale ed un altro» - si legge nelle conclusioni del documento.

«Il monitoraggio della sicurezza dei medicinali biosimilari - spiega infatti AIFA- segue le stesse norme che si applicano a tutti i medicinali biologici, che devono essere utilizzati in conformità alle raccomandazioni contenute nell’RCP e nel FI. Anche l’analisi della letteratura internazionale disponibile conferma l’assenza di differenze in termini di efficacia e sicurezza nell’uso di biosimilari e dei rispettivi originatori. Come per tutti gli altri medicinali, le autorità preposte valutano continuamente il rapporto beneficio/rischio e intraprendono le necessarie azioni regolatorie, garantendo in tal modo un monitoraggio del profilo di sicurezza nel tempo a tutela della salute pubblica».

L’analisi chiude richiamando il Secondo Position Paper di AIFA (aprile 2018) e ricordando si ricorda che «la scelta terapeutica rimane una decisione clinica affidata sempre al medico prescrittore; a quest’ultimo è anche affidato il compito di contribuire a un utilizzo appropriato delle risorse ai fini della sostenibilità del sistema sanitario e alla corretta informazione del paziente sull’uso dei biosimilari».

«I dati diffusi oggi da AIFA sono l’ennesima conferma del fatto che “l’esercizio di comparabilità” – sviluppato attraverso procedure di confronto “testa a testa” graduale (stepwise) e tarate su misura per ciascun prodotto - è il miglior stumento per garantire la biosimilarità tra due prodotti biologici, ovvero tra il biosimilare e il suo prodotto di riferimento - ha commentato Stefano Collatina, coordinatore IBG (Italian Biosimilars Group) . - Siamo soddisfatti che l’AIFA abbia deciso di utilizzare i dati di efficacia terapeutica e sicurezza emersi dall’impiego nella pratica clinica dei medicinali biosimilari autorizzati e commercializzati in Italia per indirizzare a cittadini e operatori informazioni chiare e trasparenti su questi prodotti».

Per Collatina quella di AIFA «è una operazione verità basata sui real world data in linea con il profilo di sicurezza valutato e condiviso a livello europeo tra tutti gli Stati Membri». «Le indicazioni dettate dall’Agenzia – ha concluso il coordinatore di IBG – sono in armonia con quanto emerso anche nel convegno promosso questa settimana a Milano dalla SIR e IBG a Milano, dove è stato presentato lo studio Clicon su sottotrattamento con farmaci biologici dei pazienti affetti da artrite reumatoide. Da quello studio è emerso dati alla mano che ci sono in Italia circa 30mila pazienti eleggibili al trattamento con il biologico che non accedono alle terapie e che potrebbero trarre grande vantaggio proprio dall’uso dei biosimilari nelle fasi più precoci della malattia».